C’era un tempo in cui “campeggio” era sinonimo di un’attività straziante, che l’unico appassionato di famiglia proiettava sui familiari, vittime innocenti.
La fenomenologia la conosciamo, perché tutti ci siamo passati. Con un’aggravante: chi è nato tra anni Sessanta e fine secolo scorso, ha avuto modo di vivere gioie e dolori del campeggio tradizionale in tutta la sua magnificenza.
C’era la piazzola per la tenda mai morbida, i bagni del campeggio che non ti dico, il meteo mai collaborativo. La tenda stretta tra due camper giganteschi, i vicini di tenda chiassosi, il tedesco che non trattiene il nudismo e la mamma quindi in allerta 24/7 per coprire gli occhi dei pargoli al passaggio delle penzolanti amenità teutoniche. Le zanzare nei campeggi marittimi all’ombra delle pinete, il freddo in quelli di montagna, l’afa tropicale in pianura.
Soprattutto, il campeggio era un’attività di tutta la famiglia, legata alle ferie dei genitori. Ai più piccoli non restava che lamentare i disagi climatici, agli adolescenti la noia, al genitore meno convinto, trascinato suo malgrado in questa esperienza, minacciare le vacanze separate se l’anno successivo non si fosse prenotato almeno un quattro stelle.
Un quadretto tragico? Sicuramente esageriamo, perché è anche vero che il camping ha contribuito a buona parte dei ricordi bucolici e spensierati di centinaia di migliaia di italiani, che magari la tenda e il materassino lo riscoprono oggi, a loro volta adulti.
Ma l’accento ironico ci serviva per dare idea della porta di quella vera e propria rivoluzione che porta il nome di glamping.
Cos’è il glamping
È presto detto: è la crasi delle parole glamour e camping. È il campeggio che si fa lusso, è la location che diventa ricercata, è la pausa nella natura che si riveste di esclusività.
Tutto qui? Sì, ma il seguente elenco darà forma a una visione ormai consolidata.
Le parole del glamping
Location. Scordatevi il campeggio con le piazzole appiccicate, l’area camper, il centro animazione per i bambini. Le strutture che ospitano i glampeggiatori (il neologismo è nostro) si annidano tra le vigne, o si trovano in isolate calette sul mare. Tra i prati e il bosco, oppure nel cuore dei coltivi di qualche azienda agricola bio.
Strutture. Già, non solo tende fanno il glamping – anzi, la tenda è solo una delle forme che assume il glamping. Ci sono casette su ruote che vengono immerse nella natura, micro abitazioni dal tetto di vetro (la stellata è assicurata), case sull’albero, stanze il cui letto può essere fatto scivolare su appositi binari verso la terrazza panoramica… ne stiamo vedendo di tutti i colori. Non mancano le tende, certo: ma il look è quello della yurta mongola, della tenda berbera nel deserto, del tepee di design.
Fruitori. Qui è la notizia: non più coppie di genitori con figli a seguito, ma coppie… e basta. Il glamping è romantico, è il regalo per l’occasione speciale o per la fuga d’amore, è complicità.
Camminamenti. Piastrelle che seguono improbabili percorsi, volti a portare la coppia glamp alla porta della loro recondita tana. Visti dall’alto, i glamping hanno piante complicatissime e tentacolari, studiate per assicurare la privacy a ciascun occupante. Gli unici camminamenti che si incrociano sono quelli che portano al ristorante, all’infinity pool e alla sauna a botte.
Cuscini. Onnipresenti, tanto da sembrare il fulcro dell’experience. Sui cuscini si fa colazione, si cena, si ammira il tramonto, ci si rilassa, si scrolla il feed e lo si popola di foto filtratissime.
Food. Altre cose da relegare alle diapositive del passato sono il fornellino con la bomboletta a butano, la pasta scotta, le posatine di plastica, i piatti da lavare nel lavello in comune. Glamping è il supporto di un’offerta di alta se non altissima qualità, con scelte raffinate, menù intriganti, ricchezza di proposte.
Drink. Si alterna tra i due elementi: bollicine e tisane. In genere, le prime sono da instagrammare, le seconde per i momenti privati.
Bagni. Neanche a dirlo, i glamping sono il perfetto terreno di gioco dei bagni mobili Sebach Elite. Un altro salto di qualità rispetto a certi monoblocchi in cemento sempre freddi e umidi, che in certi momenti della giornata potevano ricordare più gli spogliatoi di una piscina comunale che un appartato campeggio!
Instagram. Già, perché il glamping è altamente instagrammabile (e secondo noi nasce in parte proprio con questo fine, e forse parte del feeling lo perde così). Ogni dettaglio è sapientemente curato: dalla texture dei cuscini al ricciolo del tralcio di vite, dall’impiattamento degli antipasti all’etichetta delle bollicine da stappare. Lei è bellissima, lui anche – tranne quando gli viene la sciatica a forza di cercare il punto migliore per immortalare la compagna.