È un crocevia particolare, negli ultimi anni, quello dell’inverno in montagna. L’avevamo lasciata negli stereotipi della settimana bianca e del bombardino sulle piste; la ritroviamo punto di incontro di riflessioni e idee, di polemiche e hashtag.
Forse era soltanto momentaneamente uscita dai nostri radar: fatto sta che la montagna invernale oggi è di moda. È meta imperdibile, status, sfondo ideale per le stories – dove trovarla una tavolozza più facile da gestire del bianco delle piste da sci o del legno di una baita?
Il discorso però non è così semplice, perché sempre più la montagna sta imparando ad accentrare discussioni e riflessioni. Vuoi per il clima che non riusciamo più a interpretare, per l’impatto di impianti di risalita e neve artificiale, per le questioni legate a sfruttamento turistico e spopolamento, la montagna fa parlare di sé.
E mentre le persone parlano, si informano, cambiano gusti e attitudine, i trend rispondono, adeguandosi.
Coda allo skilift o montagna lenta?
C’era una volta l’atmosfera spensierata e caciarona immortalata alla perfezione nelle scene dei cinepanettoni. C’erano il rituale della settimana bianca, il bombardino sulle piste, “Milano Cortina due ore 54 minuti e 27 secondi”. C’era un modo di fruire la montagna diverso: si rinunciava al silenzio, alla contemplazione della natura, al mistero delle crode innevate al chiaro di luna, in cambio dei remix della musica anni Ottanta, delle bottiglie sciabolate all’apres ski, delle torme di bambinetti con occhialoni e giacche oversize impegnati nei corsi intensivi (genitori furenti al parcheggio inclusi nel pacchetto).
Oggi si cerca qualcosa di diverso. Le cose sopra elencate esistono ancora, ma si fa strada una sensibilità nuova, nella quale confluisce probabilmente una certa insofferenza verso la velocità dell’era digitale e la congestione che già viviamo in città.
E allora ben vengano, con l’appoggio degli enti del turismo, le ciaspolate notturne e le escursioni con la guida naturalistica che vi racconta l’ambiente, lo sci di fondo lungo tracciati immersi nel bosco, la musica classica nei rifugi e la riscoperta delle tradizioni locali.
Gli esempi virtuosi sono molti. Uno su tutti quello della Valle Maira, in Piemonte. Nessun impianto di risalita, niente mega alberghi e rifugi alla moda, e una fortissima richiesta dall’estero: tedeschi, austriaci, francesi e scandinavi scelgono questa valle isolata per praticare scialpinismo e ciaspolate, e godere di una calma d’altri tempi.
Esperienza di stile
Se eravate fermi alla polenta e salsiccia, sappiate che le cose sono cambiate. La montagna oggi offre la possibilità di concedersi esperienze di livello e qualità altissimi, con la differenza sostanziale che attorno ci sono panorami – perdonateci l’aggettivo abusato – mozzafiato.
Rilassanti spa, percorsi gustativi fuori dal comune, attenzione per i dettagli: profumato legno di cirmolo, selezioni di tisane raccolte giusto qualche mese prima, la stube che riscalda piano l’ambiente. Le cime innevate fanno da sfondo all’idromassaggio all’aperto, un calice di bollicine non manca mai, gli alberghi rinascono secondo i dettami dello stile, dei materiali tradizionali rivisitati, della sostenibilità ecologica e del massimo piacere estetico, con finestrone oversize e chaise longue panoramiche.
Una sola avvertenza: a fine percorso, il maestro di sauna vi convincerà a tuffarvi nel laghetto ghiacciato. Lo farete?
Oltre l’era del maglione della nonna
La montagna invernale, non più relegata al mondo della discesa e alla pensione completa in hotel, attira sempre di più? Il mondo della moda risponde, e non c’è brand che non proponga la propria idea di abbigliamento per la montagna. All’apericena si va con la pochette, mentre nella capsule collection di Armani non manca una salopette da sci in lana tecnica; tornano accostamenti decisamente seventies e si fanno strada capi coloratissimi: che fine hanno fatto i camicioni a scacchi e i maglioni bianchi?
Volete qualche spunto? Cercate su Instagram i vostri vip: avrete di che prendere ispirazione.
I famigerati impianti
Argomento spinoso – e destinato a inasprirsi in discussioni e polemiche – del quale è impossibile parlare nelle poche righe che ci separano dalla fine di questo articolo. Diciamo che una visione che ci piace è quella che vede dismettere gli impianti non più utilizzabili (quelli dove non nevica più) in favore di una revisione in chiave efficiente e sostenibile di quelli funzionanti.
Si tratterebbe, in pratica, di offrire servizi sempre migliori dove gli impianti hanno davvero ragione di esistere.