Nuove tendenze del lusso: tradizione e innovazione?

Siamo abituati a pensare al lusso come a un concetto immutabile nella sostanza come nelle forme… e negli aggettivi: senza tempo, intramontabile, classico.

Senza citare per forza studiosi di estetica, sociologi e filosofi (questi ultimi li abbiamo scomodati giusto l’articolo scorso su sebach.it), il lusso è strettamente legato alla sua durata nel tempo e, quindi, alla sua riconoscibilità.

Alcuni materiali, alcuni beni, alcuni design, alcuni attributi, alcune emozioni: un oggetto o un’esperienza di lusso si inseriscono in una lunga catena ben definita. C’è un sottile filo che lega l’oro e il lavoro manuale di un maestro orologiaio, una forma iconica e il senso di esclusività.

Una spolverata di riconoscimento sociale, e il lusso è fatto.

Questo significa che luxury significa solo ed esclusivamente tradizione? Tutt’altro: soprattutto negli ultimi anni, il lusso vive in prima persona la spinta a rinnovarsi, a scoprire nuove tendenze, a esplorare territori finora mai considerati.

Dopo i due anni di pandemia, che hanno letteralmente sparigliato le carte di società, individui, desideri (e fortune), lo sguardo del lusso è ancora di più puntato verso il futuro.

Cambiano la sensibilità, gli interessi, i bisogni

Sono cambiate le priorità dei consumatori e, all’ingresso nel terzo decennio degli anni Duemila, il lusso non può più arroccarsi nella proverbiale torre d’avorio. E non lo fa, dato che la torre d’avorio sembra essere sfitta da un po’. Il lusso è sceso tra le persone ed è impegnato a fiutare correnti e percezioni, desideri e – perché no – ansie.

Cambiano le scelte immobiliari e il luxury estate si adegua. Cambia quello che ci si aspetta da un viaggio, e il lusso combina esclusività e prossimità in un nuovo mix.

Cambia la tecnologia, e il lusso si lancia nel mondo degli NFT.

Cambiano i ricchi – parola dal significato sempre più complesso – e il lusso impara a parlare il loro linguaggio.

La sfida è chiara: innovare, appassionare nuovi target al concetto di lusso, pur tenendo strette le proprie radici. Non una nuova identità, insomma, ma un’identità vestita di nuovo.

Nel contempo, i consumi mondiali di alta gamma aumentano, in particolare quelli di esperienze.

Siamo tutti su questo pianeta: sostenibilità, attivismo, cultura

In quanto esseri umani, condividiamo lo stesso destino, le stesse relazioni e la stessa casa. Nel contempo, l’opinione pubblica è ovunque, e nulla le sfugge. Le critiche possono arrivare in ogni momento e da ogni pulpito, e con questo nuovo fenomeno i brand del lusso stanno imparando a fare i conti.

Prendiamo il brand activism, ad esempio, che sembra essere un tassello irrinunciabile anche per i brand del lusso, i quali con esso possono darsi valore, giustificarsi e diventare empatici. Al netto di grossolani scivoloni o intenzioni non troppo chiare.

Ma è la sostenibilità a rappresentare un nuovo punto di confronto (e di crescita?) per il mondo luxury.

Sostenibilità è un concetto tripartito, perché mette insieme ambiente, economia e persone. Una nuova sensibilità globale nei confronti della sostenibilità l’abbiamo vista in azione in occasione della “corsa allo spazio” messa in atto dagli imprenditori americani Musk, Bezos e Branson. Uno show affascinante per alcuni, deprecabile – specie considerando le disuguaglianze sociali accentuate dalla pandemia e certe ricadute ambientali – per altri.

Al lusso si chiede adesso di rispettare e aiutare l’ambiente, di dare significati veri e culturalmente rilevanti ai propri prodotti, di essere ben dentro al qui e ora e non più isolati in un altrove protetto ed esclusivo.

All’interno di questa complessa rete di richieste, al lusso si aprono le nuove strade, perché una nuova sensibilità e nuovi canali digitali portano con sé la possibilità di offrire prodotti, esperienze ed emozioni inedite. Il tutto conciliando mondi apparentemente diversi, come il Metaverso e gli NFT da una parte (+50 miliardi di fatturato stimati per i brand del lusso entro il 2030 con gli strumenti digitali) e l’apertura a vintage, all’upcycling e alla moda circolare (Gucci e Burberry lo fanno dal 2020).

Stimolante? Decisamente.

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